Quando ti bacio non è solo la tua bocca […] che bacio Io bacio anche le tue domande e i tuoi desideri bacio il tuo riflettere i tuoi dubbi e il tuo coraggio il tuo amore per me e la tua libertà da me […] Io bacio te così come sei e come sarai domani e oltre e quando il mio tempo sarà trascorso. (Erich Fried)
illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
I morti tentano di consolarci ma il loro tentativo è incomprensibile: sono i lapsus, gli inciampi, l’indicibile della conversazione. Sanno amarci con una mano – e l’altra all’Invisibile. Gabriele Galloni
illustrazione digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
La balena piangeva da far pena cantava ad un gabbiano l’amore è strano e passa in un baleno. “Lo incontrai lo avevo cercato per mille miglia di oceano gelato l’ho guardato poche occhiate e sono state ondate ( voi non sapete cosa può capitare se due balene si lasciano andare). Ma poi sparì forse arpionato ucciso inscatolato o forse è lui che se ne è andato si era stancato” La balena piangeva da far pena cantava ad un gabbiano l’amore è strano e passa in un baleno. E quando forte il naso soffiava tutte le volte una nave affondava. Un cuore grande pieno d’amore quando si spezza fa più rumore. Stefano Benni
illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
I BAMBINI CHE SI AMANO (Prevert alle elementari) I bambini che si amano lo chiamano amore, non sanno ancora le altre parole, provarci, starci, mettersi insieme, dicono Carlo ama Paola ma Paola ama Michele, e se lo chiedono su un pezzo di carta, mi ami? si/no, e niente vie di mezzo, i bambini fanno l’amore con mani di cioccolata e piccoli baci asciutti, poi guardano gli attori nei film abbracciarsi a spalle nude e si domandano se è tutto lì, i bambini si amano e a chi dice loro che l’amore è solo per i grandi vorrebbero dire che non è vero, ma poi gli viene in mente un gioco e vanno a giocare. (Viviana Viviani)
illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
Sii dolce con me. Sii gentile. È breve il tempo che resta. Poi saremo scie luminosissime. E quanta nostalgia avremo dell’umano. Come ora ne abbiamo dell’infinità. Ma non avremo le mani. Non potremo fare carezze con le mani. E nemmeno guance da sfiorare leggere. Una nostalgia d’imperfetto ci gonfierà i fotoni lucenti. Sii dolce con me. Maneggiami con cura. Abbi la cautela dei cristalli con me e anche con te. Quello che siamo è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei e affettivo e fragile. La vita ha bisogno di un corpo per essere e tu sii dolce con ogni corpo. Tocca leggermente leggermente poggia il tuo piede e abbi cura di ogni meccanismo di volo di ogni guizzo e volteggio e maturazione e radice e scorrere d’acqua e scatto e becchettio e schiudersi o svanire di foglie fino al fenomeno della fioritura, fino al pezzo di carne sulla tavola che è corpo mangiabile per il mio ardore d’essere qui. Ringraziamo. Ogni tanto. Sia placido questo nostro esserci – questo essere corpi scelti per l’incastro dei compagni d’amore.
Mariangela Gualtieri, “Sii dolce con me. Sii gentile” da Bestia di gioia.
illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
|| Il cuore non è spugna, è fontana. || Sono stata spugna. Per molti anni, quasi tutta la giovinezza, appena incontravo qualcuno, ero spugna. L’avevo imparato nell’infanzia. Stai lí e assorbi tutto. Non so come, ma quando si incontra una spugna, gli altri si sentono invitati a parlare moltissimo. Quando poi se ne andavano, ero stanchissima e opaca, completamente senza riflesso. Certe volte andavo a dormire raggomitolata sotto il piumino e quando provavano a svegliarmi mi lamentavo e mi ci avvolgevo ancora piú stretta, come in un bozzolo. Quando una volta finalmente mi chiesero: «Ma cos’hai? Sei malata?» Risposi solo: «Ho visto gente». E allora compresi che era ora di finirla. Per un po’ mi chiusi a riccio: non volevo piú vedere nessuno. Poi, dopo anni di India, di tecniche di meditazione e di approdo a comprendere che stare con il respiro non è una tecnica ma una storia d’amore, mi sono tramutata, piano piano, con lenta costruzione, in fontana. Posso ancora ascoltare, ma solo finché c’è acqua che scorre e la fontana non trabocca. Ma soprattutto, la fontana è lí a disposizione, chi vuole ci va a bere e lei non assorbe niente, scorre. Il cuore non è spugna, è fontana. Chandra Lidia Candiani
da ‘Questo immenso non sapere’ (Einaudi).
[illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro 📷 personale + 🖼 🎨 Elizabeth Jane Gardner]
Fammi essere ancora figlio. Solo una volta. Una volta sola. Poi ti lascio andare. Ma per una volta, ancora, fammi sentire sicuro. Proteggimi dal mondo. Fammi dormire nel sedile dietro il tuo. Guida tu. Che io sono triste e stanco. Ho voglia che sia tu a guidarmi, papà. Metti la musica che ti piace. Che sarà quella che una volta cresciuto piacerà a me. Fammi essere piccolo. Pensa tu per me. Decidi tu per me. Mettimi la tua giacca, che a me sembra enorme, perché ho freddo. Prendimi in braccio e portami a letto perché mi sono addormentato sul divano. Raccontami storie. E se sei stanco non farlo. Ma non te ne andare. Ho voglia di rimanere figlio per sempre. Abbracciami forte come dopo un gol. Dormi ancora, come hai fatto, per una settimana su una sedia accanto al mio letto in ospedale. Rassicurami. Carezzami la testa. Lo so che per tutti arriva il momento in cui devi fare da padre a tuo padre. Ma io non voglio. Non ora. Voglio vederti come un gigante. Non come un uccellino. Non andare, papà. Ti prego. Fammi essere ancora figlio. Fammi essere per sempre tuo figlio. Gabriele Corsi
collage fotografico Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD: rivisitazione di una foto di Edouard Boubat del 1956 in un vicolo di Taranto su foto di Daniele Lisi