Abbandonabile …

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Ho capito di essere una persona abbandonabile.
Non nel senso che non posso evitare l’abbandono, che mi è ovvio fin da bambina. Ma che lo considero una possibilità imminente e talvolta auspicabile. Un tempo pensavo di essere una che abbandona facilmente.
Ora so che, anche se con dolore, sono abbandonabile.
Voglio dire che quando sento che non ci sono le condizioni per incontrarsi davvero, per intendersi senza troppa fatica, «abbandonami» è un invito liberante.
Non è obbligatorio tenermi, frequentarmi è facoltativo.
E questo dà molta leggerezza e grazia all’incontro.
Come fanno le libellule e forse i volatili in genere. Può far molto male all’inizio, può atterrare ma poi piano piano si sente che sopra la testa e tutt’intorno si allarga un grande spazio libero. C’è piú sfondo e un sentore appena accennato di nuove possibilità. L’odore è l’esatto opposto dell’odore di bruciato. Un profumo fresco di bucato appena steso, di pavimento appena spazzato e poi lavato. Con cura.
Con le finestre aperte.

Chandra Candiani da ‘Questo immenso non sapere’
Illustrazione digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
(📷personale + 🖼 William-Adolphe Bouguereau)

Il cuore non è spugna, è fontana

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|| Il cuore non è spugna, è fontana. ||
Sono stata spugna. Per molti anni, quasi tutta la giovinezza, appena incontravo qualcuno, ero spugna.
L’avevo imparato nell’infanzia. Stai lí e assorbi tutto.
Non so come, ma quando si incontra una spugna, gli altri si sentono invitati a parlare moltissimo. Quando poi se ne andavano, ero stanchissima e opaca, completamente
senza riflesso. Certe volte andavo a dormire raggomitolata sotto il piumino e quando provavano a svegliarmi mi lamentavo e mi ci avvolgevo ancora
piú stretta, come in un bozzolo. Quando una volta finalmente mi chiesero: «Ma cos’hai? Sei malata?» Risposi solo: «Ho visto gente». E allora compresi che
era ora di finirla.
Per un po’ mi chiusi a riccio: non volevo piú vedere nessuno.
Poi, dopo anni di India, di tecniche di meditazione e di approdo a comprendere che stare con il respiro non è una tecnica ma una storia d’amore, mi sono tramutata, piano piano, con lenta costruzione, in fontana.
Posso ancora ascoltare, ma solo finché c’è acqua che scorre e la fontana non trabocca. Ma soprattutto, la fontana è lí a disposizione, chi vuole ci va a bere e
lei non assorbe niente, scorre.
Il cuore non è spugna,
è fontana.
Chandra Lidia Candiani

da ‘Questo immenso non sapere’ (Einaudi).

[illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro 📷 personale + 🖼 🎨 Elizabeth Jane Gardner]

Non voglio…

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Non voglio imparare a non aver paura, voglio imparare a tremare.
Non voglio imparare a tacere, voglio assaporare il silenzio da cui ogni parola vera nasce.
Non voglio imparare a non arrabbiarmi, voglio sentire il fuoco, circondarlo di trasparenza che illumini quello che gli altri mi stanno facendo e quello che posso fare io.
Non voglio accettare, voglio accogliere e rispondere.
Non voglio essere buona, voglio essere sveglia.
Non voglio fare male, voglio dire mi stai facendo male, smettila.
Non voglio diventare migliore, voglio sorridere al mio peggio.
Non voglio essere un’altra, voglio adottarmi tutta intera.
Non voglio pacificare tutto, voglio esplorare la realtà anche quando fa male, voglio la verità di me.
Non voglio insegnare, voglio accompagnare.
Non è che voglio così, è che non posso fare altro.
Chandra Livia Candiani

illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD