La Luna, dalle case popolari, somiglia a un buco; a un pozzo; a qualche sbaglio edilizio – e se a volte è più lontana è perché tu non mi dici cos’hai quando ti parlo (e tu non parli mai).
Gabriele Galloni
illustrazione digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
I morti tentano di consolarci ma il loro tentativo è incomprensibile: sono i lapsus, gli inciampi, l’indicibile della conversazione. Sanno amarci con una mano – e l’altra all’Invisibile. Gabriele Galloni
illustrazione digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
La balena piangeva da far pena cantava ad un gabbiano l’amore è strano e passa in un baleno. “Lo incontrai lo avevo cercato per mille miglia di oceano gelato l’ho guardato poche occhiate e sono state ondate ( voi non sapete cosa può capitare se due balene si lasciano andare). Ma poi sparì forse arpionato ucciso inscatolato o forse è lui che se ne è andato si era stancato” La balena piangeva da far pena cantava ad un gabbiano l’amore è strano e passa in un baleno. E quando forte il naso soffiava tutte le volte una nave affondava. Un cuore grande pieno d’amore quando si spezza fa più rumore. Stefano Benni
illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
I BAMBINI CHE SI AMANO (Prevert alle elementari) I bambini che si amano lo chiamano amore, non sanno ancora le altre parole, provarci, starci, mettersi insieme, dicono Carlo ama Paola ma Paola ama Michele, e se lo chiedono su un pezzo di carta, mi ami? si/no, e niente vie di mezzo, i bambini fanno l’amore con mani di cioccolata e piccoli baci asciutti, poi guardano gli attori nei film abbracciarsi a spalle nude e si domandano se è tutto lì, i bambini si amano e a chi dice loro che l’amore è solo per i grandi vorrebbero dire che non è vero, ma poi gli viene in mente un gioco e vanno a giocare. (Viviana Viviani)
illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
Sii dolce con me. Sii gentile. È breve il tempo che resta. Poi saremo scie luminosissime. E quanta nostalgia avremo dell’umano. Come ora ne abbiamo dell’infinità. Ma non avremo le mani. Non potremo fare carezze con le mani. E nemmeno guance da sfiorare leggere. Una nostalgia d’imperfetto ci gonfierà i fotoni lucenti. Sii dolce con me. Maneggiami con cura. Abbi la cautela dei cristalli con me e anche con te. Quello che siamo è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei e affettivo e fragile. La vita ha bisogno di un corpo per essere e tu sii dolce con ogni corpo. Tocca leggermente leggermente poggia il tuo piede e abbi cura di ogni meccanismo di volo di ogni guizzo e volteggio e maturazione e radice e scorrere d’acqua e scatto e becchettio e schiudersi o svanire di foglie fino al fenomeno della fioritura, fino al pezzo di carne sulla tavola che è corpo mangiabile per il mio ardore d’essere qui. Ringraziamo. Ogni tanto. Sia placido questo nostro esserci – questo essere corpi scelti per l’incastro dei compagni d’amore.
Mariangela Gualtieri, “Sii dolce con me. Sii gentile” da Bestia di gioia.
illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
|| Il cuore non è spugna, è fontana. || Sono stata spugna. Per molti anni, quasi tutta la giovinezza, appena incontravo qualcuno, ero spugna. L’avevo imparato nell’infanzia. Stai lí e assorbi tutto. Non so come, ma quando si incontra una spugna, gli altri si sentono invitati a parlare moltissimo. Quando poi se ne andavano, ero stanchissima e opaca, completamente senza riflesso. Certe volte andavo a dormire raggomitolata sotto il piumino e quando provavano a svegliarmi mi lamentavo e mi ci avvolgevo ancora piú stretta, come in un bozzolo. Quando una volta finalmente mi chiesero: «Ma cos’hai? Sei malata?» Risposi solo: «Ho visto gente». E allora compresi che era ora di finirla. Per un po’ mi chiusi a riccio: non volevo piú vedere nessuno. Poi, dopo anni di India, di tecniche di meditazione e di approdo a comprendere che stare con il respiro non è una tecnica ma una storia d’amore, mi sono tramutata, piano piano, con lenta costruzione, in fontana. Posso ancora ascoltare, ma solo finché c’è acqua che scorre e la fontana non trabocca. Ma soprattutto, la fontana è lí a disposizione, chi vuole ci va a bere e lei non assorbe niente, scorre. Il cuore non è spugna, è fontana. Chandra Lidia Candiani
da ‘Questo immenso non sapere’ (Einaudi).
[illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro 📷 personale + 🖼 🎨 Elizabeth Jane Gardner]
Non voglio imparare a non aver paura, voglio imparare a tremare. Non voglio imparare a tacere, voglio assaporare il silenzio da cui ogni parola vera nasce. Non voglio imparare a non arrabbiarmi, voglio sentire il fuoco, circondarlo di trasparenza che illumini quello che gli altri mi stanno facendo e quello che posso fare io. Non voglio accettare, voglio accogliere e rispondere. Non voglio essere buona, voglio essere sveglia. Non voglio fare male, voglio dire mi stai facendo male, smettila. Non voglio diventare migliore, voglio sorridere al mio peggio. Non voglio essere un’altra, voglio adottarmi tutta intera. Non voglio pacificare tutto, voglio esplorare la realtà anche quando fa male, voglio la verità di me. Non voglio insegnare, voglio accompagnare. Non è che voglio così, è che non posso fare altro. Chandra Livia Candiani
illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro AtelierD
abbiamo creduto nelle attese nelle promesse nei segnali nei silenzi nelle parole nei gesti nelle speranze nei rammendi nel tempo, nella possibità che si potesse usare bene il nostro tempo, e sì… abbiamo creduto finanche nell’amore. Ma mai mai abbiamo creduto in noi stessi per provare anche solo per un attimo che si poteva persino essere felici.